La
Leggenda del Grande Padre
Il vento
turbinava incessante e freddo portando con sé i fiocchi di neve
candida che sembravano danzare nell'aria come tante farfalle bianche,
senza riuscire a posarsi, malgrado la terra ne fosse ormai ricoperta
di uno strato spesso e perenne.
Edward, con
il fiato che si condensava in tante nuvolette, si fermò un attimo a
guardarsi intorno cercando di distinguere nella tormenta qualche
punto di riferimento per evitare di perdersi. Davanti a sé l' ampia
pianura si perdeva a vista d'occhio, tutta uguale e tutta
maledettamente bianca e fredda.
Vestito
interamente di pellicce per difendersi dal gelo, solo gli occhi
verdi e profondi spuntavano dalla sciarpa e dal cappuccio che gli
proteggevano la testa.
Seth, il suo
amico lupo, dallo spesso mantello morbido e folto dalle molte
tonalità di grigio e gli occhi di ghiaccio, cercò di attirare la
sua attenzione dandogli impaziente una colpo contro la mano con il
muso tutto bianco. Lui sapeva benissimo che non conveniva rimanere
fermi ed esposti alla vista di chiunque troppo a lungo.
Da quando il
meteorite era caduto sulla terra cinque generazioni prima, il modo di
vivere degli uomini era drasticamente cambiato, così come il clima
diventato gelido e inospitale.
Il pianeta,
su cui ormai l'uomo era diventato un animale raro, a causa
dell'impatto fortissimo, si era allontanato dal sole e adesso era
costantemente avvolto da una nuvola di polvere e neve che non
lasciava passare mai il calore necessario a sciogliere quel manto di
ghiaccio ormai perenne.
I raggi del
sole, non riuscivano a penetrare quella fredda barriera e gli
uomini, ormai allo sbando, avevano dimenticato il vecchio modo di
vivere e la tecnologia ritornando indietro nel tempo ad uno stile si
vita assai più primitivo.
Tutto era
cambiato e tutto era stato dimenticato, poiché la maggioranza della
popolazione umana si era estinta nell'impatto e la restante era
sopravvissuta a stenti e fatica.
Il nonno di
Edward, quando quest'ultimo era ancora un bambino curioso, gli aveva
raccontato molte favole a sua volta ereditate dal nonno di suo
nonno. Parlavano di strani oggetti costruiti di ferro in grado di
camminare da soli, di scatole parlanti e di uccelli che sfrecciavano
nel cielo lasciando lunghe scie bianche, ma soprattutto di prati
fioriti e cieli azzurri illuminati dai raggi ridenti del sole. E del
caldo, quel desiderio perenne e quella sensazione ormai dimenticata ,
che avrebbe permesso di girare loro senza pellicce addosso e il
germogliare della pianura che li circondava in mille colori invece
dell'attuale distesa perennemente bianca.
Edward
amava quelle favole inventate, che si tramandavano da generazione
in generazione, amava le fantasie che creavano nella sua mente e
le ascoltava avidamente sognando un mondo diverso mentre aiutava la
mamma a cucire o conciare le pelli, oppure quando più grande
accompagnava il padre a raccogliere la legna o imparava la difficile
arte della caccia.
Era nato
venticinque anni prima in un piccolo villaggio poco lontano da
quello in cui adesso viveva e dove le poche persone che formavano
quella ristretta comunità condividevano tutto per cercare di
sopravvivere. Adesso ormai adulto era sposato con Bella, una delle
poche ragazze originarie del villaggio, e aveva una bambina dal nome
Renesmee che aveva festeggiato poche settimane prima i dieci anni.
Una piccola donna. Una delle rare speranze di sopravvivenza del
villaggio e del genere umano.
Edward la
mattina precedente aveva preso alcune provviste e baciato sulla
fronte le due donne che amava più della sua vita poi, con Seth, si
era allontanato senza più girarsi diretto verso l'ampio bosco alla
base delle montagne.
Bella, dal
canto suo, lo aveva salutato con le lacrime agli occhi per la paura
di non rivederlo più ma sapeva anche che, se uscire dal villaggio
in cui vivevano era pericoloso, non andare a caccia significava
morire di fame. E così, malgrado i rischi a cui si esponeva tute le
volte, Edward aveva dovuto partire ed affrontare il freddo e i
pericoli che quelle scorribande celavano costantemente. Per Bella
l'unica consolazione era che con lui c'era Seth, il fedele compagno
di avventure con cui Edward era cresciuto.
Il lupo che
lui considerava ed amava come un fratello. Il lupo pronto a
sacrificare la vita pur di difendere il suo padrone e la sua
famiglia.
“Si Seth.
Purtroppo non riusciremo ad arrivare al villaggio prima che la luce
svanisca. E' ancora troppo lontano e non mi va di accamparmi nella
pianura per passare la notte, è troppo esposta ai pericoli. Andiamo
a cercare un posto che ci permetta di proteggerci da questa tormenta
e dal freddo di questa notte. Domani con il chiaro potremo
finalmente tornare a casa.”
Poi con un
sospiro Edward si girò e rientrò nel fitto bosco che aveva lasciato
alle sue spalle. Accamparsi in quella bianca e uniforme distesa
sarebbe stato da pazzi, mentre lì sicuramente avrebbe trovato
qualcosa per nascondersi dal freddo e dai pericoli che l 'avvento
di quella nuova era aveva portato con sé.
Non solo il
meteorite aveva sconvolto la vita sulla terra e distrutto la civiltà
umana, ma l'aveva arricchita di una nuova razza pericolosa e
bellicosa: gli Uomini-Serpe.
Con il corpo
simile a quello umano, questi nuovi e inopportuni inquilini,
abituati a vivere nascosti nelle profondità della terra, si erano
subito ambientati colonizzando il pianeta malgrado il clima rigido.
Scavavano, infatti, le loro tane nelle profondità del terreno dove
il gelo non riusciva a penetrare e ne uscivano soltanto per
depredare i villaggi dei pochi umani superstiti. Edward, come tutti,
non sapeva esattamente il perché lo facessero, ma gli Uomini-Serpe,
chiamati così a causa della loro pelle che sembrava ricoperta di
squame verdognole, attaccavano i villaggi senza rubare nulla, solo
uccidendo gli adulti e portandosi via con sé i bambini.
Quale fosse
la sorte di quelle povere creature innocenti rapite, nessuno lo
sapeva.
E nessuno
poteva o voleva scoprirlo perché nessun adulto sopravviveva mai ai
saccheggi dei villaggi per cercare di svelare il mistero.
Erano poco
più di bestie, feroci e crudeli e gli uomini armati di piccole
lance, coltelli di selce e qualche antica arma di ferro sopravvissuta
al meteorite, cercavano di difendersi costruendo villaggi
fortificati, in modo da impedire il loro ingresso all'interno.
Villaggi
proprio come quello che Edward aveva lasciato quella mattina per
andare a caccia nel bosco, l'unico luogo ancora abitato da qualche
raro animale.
Era stato
fortunato ad imbattersi velocemente nel camoscio che adesso si
trascinava dietro legato ad un palo e quando trovò uno spuntone
roccioso tanto grande da potersi rannicchiare sotto per proteggersi
dalla neve e dal vento freddo, Edward iniziò a scuoiare e pulire la
sua preda. Portarsi dietro solo le parti utili gli avrebbe
risparmiato parecchia fatica il giorno dopo e gli avrebbe permesso di
attraversare più velocemente la pianura, esposta e pericolosa.
Con il
coltello levò, con meticolosa attenzione per non danneggiarla, la
pelle sfregandola poi con forza sulla terra e il pietrisco in modo
da ripulirla il più possibile.
La carne
invece la fece tutta a piccoli bocconi, prestando la massima
perizia per non sprecare nemmeno una piccola parte del suo prezioso
bottino.
Finita
quella lunga e faticosa operazione per premio si arrostì qualche
succulento bocconcino sul piccolo fuocherello fatto di legnetti
secchi. E ovviamente qualche boccone crudo lo elargì volentieri a
Seth insieme a qualche osso da sgranocchiarsi. In fondo era stato
lui a fare il lavoro più difficile trovando con il suo fiuto e
abbattendo con la sua agilità e potenza la preda per il suo
amico umano.
Il resto del
bottino invece fu seppellito nella neve in modo che congelasse e non
andasse a male. A casa Bella lo avrebbe scongelato di volta in volta
per cucinarlo mentre una buona parte sarebbe stato donato ai vicini
del villaggio che a sua volta avrebbero all'occorrenza elargito erbe
medicinali, pelli, legna e tutto quello di cui avrebbero avuto
bisogno. La condivisione delle risorse era infatti il modo più
comodo e più semplice, per sopravvivere tutti in quel clima
ostile. La piccola comunità sapeva che aiutarsi l'un con l'altro era
l'unico modo per poter affrontare gli ostacoli che ogni giorno
mettevano a rischio la loro vita. E come tutte le altre cose anche i
loro figli, piccoli miracoli di vita, venivano accuditi e cresciuti
in comunità e assieme avrebbero vissuto o sarebbero morti.
La notte
passò veloce ed Eward ancora una volta ringraziò la presenza di
Seth che rannicchiato vicino a lui sotto la coperta contribuì a
scaldarlo abbastanza da consentigli di non perdere una mano o un
piede a causa del gelo, e la mattina, mettendosi sulle spalle lo
zaino, adesso molto più grosso e pesante a causa della carne
congelata, riprese il cammino con la tenue luce che gli illuminava
la pianura davanti a sé.
Dopo pochi
passi fatti sulla quella piatta distesa di neve lui si voltò a
guardare le montagne dietro alle sue spalle. Sembravano tanti denti
aguzzi che si stagliavano lontani e scuri contro il cielo. Un giorno
sarebbe salito lassù, si disse, solo per poter vedere cosa c'era
oltre e se quel pazzo di Mike aveva raccontato la verità.
Il suo amico
infatti sosteneva con veemenza di aver incontrato alcuni anni prima
un vecchio, poi spirato fra le sue braccia, che gli aveva narrato di
un posto al di là delle cime montuose dove il terreno era
completamente verde e il sole illuminava e scaldava la valle da lui
chiamata Eden.
Ma Edward
era sicuro che l'Eden non esistesse e che il vecchio avesse delirato
in punto di morte. E poi valicare le montagne era impossibile, si
disse con un sospiro, volgendo i piedi e la mente nuovamente verso
casa e il suo amore che l'attendeva.
A metterlo
in allerta fu per prima la colonna di fumo scura che scorse
all'orizzonte, poi il comportamento di Seth che con il pelo dritto
annusava per terra e nell'aria emettendo bassi ringhi di paura.
Il fumo.
Edward non poteva sbagliarsi. La striscia grigia e densa che si
alzava nel cielo da dove avrebbe dovuto esserci il suo villaggio era
troppo grande e scura per rientrare nella normalità.
Con la paura
come compagna, il cuore che batteva tanto forte da rimbombargli nelle
orecchie, l'adrenalina che scorreva impetuosa nelle vene, iniziò
una folle corsa per raggiungere la sua famiglia. Non si guardò più
in giro, smise di controllare e nascondersi per la paura degli
uomini-serpe. L'unica cosa che contava era correre da loro. Era poter
riabbracciare sua moglie e sua figlia.
Seth più
agile e leggero lo precedette ed Edward lo vide sparire dietro alle
porte sfondate della recinzione che avrebbe dovuto proteggere gli
abitanti e tenere fuori i nemici.
Senza
fermarsi in preda ad un terrore cieco, si fiondò dentro per poi
immobilizzarsi di colpo.
Le capanne
bruciavano e i corpi dei sui amici erano sparsi per terra riversi
nella desolazione della morte. Gli occhi gli bruciavano. Forse era
colpa del fumo o forse più probabilmente si stava rendendo conto
dell'accaduto.
Stava
infatti iniziando a realizzare che ciò che aveva lasciato il giorno
prima non c'era più.
Con le
guance rigate di lacrime salate che cristallizzavano irrigidendo la
sciarpa, Edward iniziò ad avanzare lentamente guardandosi intorno
sotto shock pregando che qualcuno lo svegliasse da quell'incubo
orrendo.
Furono i
guaiti disperati di Seth ad attirare la sua attenzione. Il lupo
accucciato per terra piangeva sommessamente leccando il viso della
sua padrona.
“Bellaaa!”
L'urlo gli
uscì dalla gola con la voce roca mentre in preda alla disperazione
si precipitò, verso il corpo riverso di sua moglie: della donna che
amava, della sua compagna di vita, di colei che aveva generato la sua
bambina.
Bella era
immobile.
Il corpo
semi assiderato coperto dalla neve la faceva assomigliare ad una
bambola di ceramica ed era talmente bianca in viso da sembrare una
macabra scultura di ghiaccio.
Con
dolcezza, Edward l'abbracciò stringendola convulsamente a sé,
baciandole le guance gelide, cercando di riscaldare quel corpo
freddo e immobile con il suo.
“Bella”
ripeté singhiozzando accarezzandole e spostandole dal viso esanime
i lunghi capelli marroni coperti di cristalli bianchi.
“Ed...ward”
il suo sussurro fu poco più di un mormorio indistinguibile nel
vento.
“Bella
sono qua. Resisti tesoro.” le rispose lui sollevato e disperato nel
contempo mentre si apriva la giacca di pelliccia per scaldarla con
il tepore del suo corpo.
“Per me è
troppo tardi. Non sento più nulla. Vai via Edward. Corri a cercare
la nostra Renesmee, la nostra bambina” mormorò lei con un filo
di voce impercettibile cercando di alzare le palpebre pesanti per
guardare un ultima volta in viso il suo amore. Poi con un ultimo
sforzo che sembrava titanico, incerta e tremante alzò un braccio
per sentire il calore del suo viso, il profilo della sua mandibola
squadrata, le lunghe ciglia che valorizzavano i suoi occhi verdi e
magnetici che l'avevano fatta innamorare di quel ragazzo del
villaggio vicino con cui il padre scambiava beni.
“Adesso
penso a tè. Costruisco una capanna, ti accendo un fuoco...” come
poteva chiedergli di lasciarla lì a morire? Lui doveva salvarla!
“Sto
morendo amore mio. Per me è ormai troppo tardi. Il mio corpo è
spezzato e congelato. Ma la nostra Renesmee è viva. Gli
Uomini-Serpe hanno catturato anche lei insieme agli altri bambini.
Devi trovarla! Devi salvare il frutto del nostro amore... ti
prego. ”
Edward la
guardò sconvolto sentendola tremare violentemente mentre stringeva
forte la sua mano gelata per cercare di trattenerla con sé. Non era
pronto a lasciarla andare via, ma Bella con un ultimo soffio di
vita e un sorriso stentato gli mormorò con un filo di voce “
Addio, Edward, adesso devo proprio andare...” poi con un ultimo
gemito soffocato spirò fra le sue braccia.
Sconvolto da
quella perdita, piangendo sommessamente, continuando a stringerla a
sé con la speranza che si svegliasse nuovamente, che non lo
abbandonasse, Edward rimase lunghi minuti con il corpo di sua moglie
adagiato fra le braccia, incapace di lasciarlo, incapace di
arrendersi all'evidenza. La chiamava e l'accarezzava in lacrime nel
tentativo disperato di richiamarla indietro.
Ma lei era
morta. Il suo amore non c'era più. Lo aveva lasciato.
Sarebbe
stato tanto facile sdraiarsi lì al suo fianco ed aspettare che il
freddo prendesse anche lui portandolo dove era andata lei. Tanto
semplice e confortante ma completamente assurdo.
Aveva una
figlia ancora viva. Aveva la sua bambina per cui continuare a vivere
e per cui lottare.
Gli
Uomini-Serpe, l' avevano catturata e lui Edward l' avrebbe liberata.
Lo doveva a Bella, lo doveva al loro amore ormai distrutto.
Ecco perché
con la forza della disperazione scavò il più velocemente possibile
nella terra gelata una fossa dove calare il corpo della sua Bella,
ecco perché con le mani ancora sanguinanti e il dolore per compagno,
senza perdere altro tempo se non quello di recuperare qualche oggetto
utile, si mise con Seth sulle tracce di quelle bestie assassine.
Il lupo gli
faceva strada. Se la neve che continuava a cadere incessante copriva
le orme dei rapitori, il naso di Seth non si faceva ingannare e
seguiva il loro odore caratteristico senza difficoltà.
Avevano
diverse ore di vantaggio ma lui non si sarebbe arreso. Avrebbe corso
fino allo sfinimento, avrebbe lottato e forse sarebbe morto nel
tentativo di salvare la sua bambina. Non avrebbe abbandonato il
frutto del suo amore al suo destino, né lei né gli altri piccoli
che si erano portati via.
Gli
uomini-serpe avrebbero pagato per quello che avevano commesso, lui
Edward Cullen avrebbe ucciso e avrebbe riportato a casa, a qualsiasi
costo, sua figlia !
Edward
correva incurante del tempo che passava e del buio che
sopraggiungeva. Neppure quando calò la notte si fermò. L'unica
pausa che si concesse a metà pomeriggio fu per bere un po' d'acqua e
per spartirsi qualche pezzetto di carne affumicata prelevata dai
resti delle capanne, con Seth, poi sempre seguendo il suo lupo
riprese implacabile e instancabile la caccia.
La neve
cadeva lenta. Il vento si era leggermente placato ed il grosso
cratere, dove avevano le tane gli Uomini- Serpe, era ormai vicino, ma
questo lui non poteva saperlo.
Edward si
fermò per prendere fiato e stirare la schiena indolenzita dal
peso dello zaino. Poi tirata fuori un bicchiere sciolse un po' di
neve da poter bere per lui e Seth.
I bambini
non erano lontani visto che poteva vedere alcune tracce non ancora
coperte dalla neve lasciate dal piccolo gruppo che stava
inseguendo.
Probabilmente
si trovavano dietro alla collina che in quel momento gli faceva da
riparo. Ma se voleva affrontare quelle bestie con una minima
speranza di successo, doveva essere riposato e lucido. La cosa più
difficile fu tenere Seth al suo fianco tranquillo, perché il lupo
con il pelo dritto continuava a ringhiare sommessamente annusando
l'aria e guardandosi intorno con gli occhi semi chiusi come se
scrutasse la morte in arrivo.
Era un
guerriero e come tale voleva affondare i suoi denti nella gola di chi
aveva osato fare del male alla sua famiglia adottiva.
Edward dopo
essersi rifocillato e riposato si affacciò strisciando lentamente
dalla cima dell'altura che lo proteggeva dai loro sguardi. E li
vide. Vide i bambini e la sua Renesmee avanzare con difficoltà
nella neve. Erano legati tutti assieme da lunghe e pesanti corde che
bloccavano loro le mani e le caviglie. Sembravano tante bestie
portate al macello.
Il più
grande Emmett era in cima alla colonna, dietro a lui c'era un
bambino più scuro di carnagione che Edward non riconobbe, mentre in
fondo la piccola Alice era appena caduta per terra e piangeva
disperata mentre uno di quei mostri usciti dai peggiori incubi degli
uomini la stava prendendo a calci per farla rialzare.
Il piccolo
Jasper, con fare bellicoso si intromise tra i due cercando di
allontanare l'Uomo-Serpe per proteggere la bambina impaurita ma
l'unica cosa che ottenne fu un calcio che lo fece cadere a sua volta
addosso alla piccola Renesmee che osservava terrorizzata ed impotente
la scena.
“Stai
fermo” l'ordine di Edward bloccò Seth che era già pronto ad
avventarsi su quella bestia squamosa per proteggere la sua piccola
padroncina, la sua sorellina senza peli, che era chiaramente in
procinto di crollare come l'altra bambina.
Il lupo
voltò fieramente il muso verso di lui ed emise un piccolo mugolio di
protesta per nulla soddisfatto dell'ordine ricevuto. I suoi occhi
brillavano di ira e sembrava che gli stesse parlando, che stesse
protestando per quell'imposizione del suo amico che non capiva.
Ma Edward
sapeva che in uno scontro diretto con gli uomini-serpe avrebbero
avuto la peggio. Non voleva morire, non poteva rischiare di fallire,
perché sapeva che era l'unica speranza per quei bambini, l'unica
speranza per sua figlia.
Loro erano
in sei. Gli uomini del suo villaggio si erano battuti bene portando
con loro nel lungo viaggio della morte diversi Uomini-Serpe. Ma erano
troppi ugualmente per affrontarli a viso aperto.
E così con
il cuore che sanguinava, con il dolore che scavava nel suo petto una
caverna piena solo d'ira, decise di aspettare. Silenziosamente come
un fantasma scivolò indietro da dove era venuto e si nascose
raggomitolandosi in un buco scavato nelle neve tenendo vicino a sé
Seth. Era meglio dormire e riposare.
Anche gli
Uomini-Serpe furono costretti a fermarsi. Chiaramente i bambini erano
troppo stanchi per continuare a marciare e la piccola Alice non
faceva che cadere rallentando il cammino di tutti. La soluzione più
facile sarebbe stata quella di ucciderla e levarsela dai piedi, ma
era impensabile per quegli esseri avidi. Era un essere giovane e
sana. Sarebbe stata un ottimo nido per la riproduzione.
Così si
fermarono e i bambini infreddoliti, spaventati, affamati e stanchi si
rannicchiarono uno vicino all'altro cercando di confortarsi e di
scaldarsi a vicenda. Presto le lacrime di Alice smisero di scorrere
quando fra le braccia di Renesmee, che la coccolava, si addormentò
sfinita.
Emmett
divise i minuscoli pezzettini di cibo che gli vennero consegnati fra
di loro controllando che Rosalie non mangiasse più degli altri
mentre il piccolo Jasper regalò la sua razione ad Alice sperando
che il cibo le desse l'indomani la forza di camminare. Anche il bimbo
sconosciuto accettò il cibo da Emmett e lo divorò avidamente con
un cenno di ringraziamento verso il bambino più grande.
Nessuno di
loro sapeva cosa li attendeva e lo spirito di sopravvivenza messo a
dura prova dalla loro breve vita era già molto sviluppato. Abituati
a combattere contro il freddo, la fame e la paura, cresciuti in un
ambiente al limite della sopravvivenza, già in grado di lavorare
affianco agli adulti del villaggio, i bambini erano dei piccoli
uomini e delle piccole donne capaci di aggrapparsi alla speranza e
al desiderio di vivere come unico scopo di vita.
Era notte
fonda quando Seth, con un balzo improvviso, squarciò la gola al
primo Uomo-Serpe mentre Edward affondava il suo coltello nella
schiena della seconda sentinella tappandogli nel contempo con la
mano libera la bocca contenente una lunga lingua biforcuta nera.
Ma i nemici
di guardia erano tre, e il terzo mostro, quando si accorse
dell'accaduto, emise un verso spaventoso e ripugnante svegliando gli
altri compagni mentre si precipitava correndo contro Edward con gli
artigli al posto delle mani pronti ad ucciderlo.
Seth, però
non si distrasse e gli saltò sulla schiena facendolo ruzzolare due
secondi prima che questi colpisse Edward intento a finire il suo
avversario, mentre gli altri tre incubi venuti dal cielo si
scagliarono contro di loro emettendo sibili spaventosi.
E poi fu il
caos.
Edward
cercava di combattere con il suo coltello, evitando i loro colpi e i
loro artigli ma soprattutto le loro lingue biforcute che lunghe e
forti cercavano di arrotolarsi sul suo collo per soffocarlo. Anche
Seth con i suoi denti e le sue unghie affilate si batteva ringhiando
disperato. Lui voleva salvare i suoi padroni a qualsiasi costo.
Ma gli
Uomini-Serpe non erano da meno. Sapevano uccidere, lo facevano con
gioia e lo avrebbero nuovamente fatto senza alcun ripensamento.
Il corpo a
corpo durò alcuni lunghi ed estenuanti minuti mentre i bambini
gridavano avvertimenti e scagliavano palle di neve negli occhi o sul
viso dei loro carcerieri.
Infine
Edward, con tutta la forza che gli restava, si girò di scatto, e
d'istinto infilò il suo coltello dentro la bocca aperta del mostro
che da dietro lo stringeva con la lingua minacciando di soffocarlo.
La bestia
si accasciò esanime ed Edward tagliata quella schifosa protuberanza
che lo stringeva al corpo del nemico morente, si guardò intorno alla
ricerca di un nuovo pericolo.
Ma in piedi
adesso c'era solo lui.
Gli
Uomini-Serpe erano tutti morti e giacevano nella neve macchiando il
candido suolo con il loro schifoso sangue verde.
Edward
ancora incredulo si lasciò scivolare in ginocchio respirando
velocemente, cercando di riprendere il controllo di sé e di calmare
i battiti del cuore. Era vivo, ce l'aveva fatta!
“Papà!”
La voce di Renesmee lo riscosse e lo costrinse ad alzare lo sguardo
incrociando così quello spaventato della sua bambina.
Lì
inginocchiata sulla neve con ancora le corde che gli stringevano i
polsi la sua amatissima creatura lo osservava piana di stupore e
gioia.
Senza
attendere altro Edward si alzò e corse dai bambini liberandoli
tutti dalle corde per poi subito abbracciarsi stretto la sua
piccolina e scoppiare assieme a lei in un pianto liberatorio. Aveva
avuto tanta paura di perderla, di deludere Bella che aveva sperato in
lui, di morire nel tentativo inutile di liberarla. E invece! Invece
erano nuovamente insieme e liberi, sebbene ancora in pericolo.
Poi con un
sospiro Edward alzò nuovamente gli occhi e incontrò quelli pieni di
lacrime degli altri bambini del villaggio che si erano avvicinati
titubanti. Non ci voleva molto a capire. Lui era chiaramente solo, e
questo significava che nessuno dei loro genitori era sopravvissuto, e
il sollievo di sapere che erano salvi si stava trasformando in
angoscia per il futuro.
Edward
allora spalancò nuovamente le braccia invitandoli ad unirsi a lui,
accogliendoli in quel nido d'amore che avevano tutti disperatamente
bisogno. E insieme si strinsero forti mentre la neve continuava a
cadere ricoprendoli di bianco e andando a cancellare lentamente le
tracce del combattimento.
“Papà può
venire anche lui con noi?” la voce di Renesmee riscosse Edward che
alzato gli occhi si accorse che nel suo abbraccio mancava il bambino
a lui sconosciuto che intimidito non aveva osato avvicinarsi.
“Come ti
chiami?” gli chiese.
“Jacob. Il
mio nome è Jacob.” rispose prontamente il bimbo senza avere però
il coraggio di guardarlo.
Il piccolo
si fissava ostinatamente i piedi dondolando sul posto. Stava
dimostrando di essere un duro, pensò Edward con un sorriso. “Vuoi
venire con noi Jacob. Vuoi diventare mio figlio come loro?”
Il bambino
alzò gli occhi e lo fissò un attimo pieno di meraviglia e di
sollievo, prima di fare un balzo e finirgli fra le braccia dove
Edward si affrettò a stringerlo assieme agli altri.
Si sarebbe
preso cura di loro. Di tutti loro. Pensò rendendosi conto che lui
era la loro unica possibilità di sopravvivenza, il loro unico punto
d'appoggio.
Poi
all'improvviso come un lampo che squarcia le nubi Edward si rese
conto che mancava qualcosa a quel quadro idilliaco e mentre
allungava ai bambini lo zaino per permettergli di rifocillarsi si
guardò intorno con l'angoscia che gli deturpava il bel viso in una
smorfia spaventosa.
Fu allora
che lo vide.
Seth giaceva
poco lontano da loro, il corpo peloso ormai ricoperto dalla neve,
freddo e immobile nella morte.
“Nooo”
l'urlo di Edward rimbombò nella pianura facendo sussultare i bambini
spaventati, mentre correva verso il corpo del suo fratello peloso.
Inginocchiato
nella neve se lo strinse convulsamente a sé e diede libero sfogo
alle lacrime che non riusciva più a trattenere. Pianse per lui e
per Bella, pianse per gli abitanti del villaggio che aveva conosciuto
ed amato. Pianse per la vita che aveva perso e per il futuro incerto
che l'attendeva e guardando Seth fra le sue braccia si rese conto di
quanto gli sarebbe mancato.
Lo aveva
trovato nella neve da solo e salvato quando era solamente un
cucciolo indifeso, lo aveva allevato e condiviso con lui ogni cosa e
adesso Seth aveva restituito con orgoglio e fierezza il dono
della vita che aveva ricevuto a suo tempo da Edward.
Il buon
senso avrebbe suggerito ad Edward di scuoiarlo e prendere la sua
carne, ma non poteva farlo, non a lui. Così, aiutato dai bambini,
si limitò a seppellirlo nella neve ai piedi della collinetta. Poi
preso un grosso masso lo rotolò sopra quella tomba improvvisata per
nascondere il suo corpo da eventuali predatori e per segnare il luogo
in cui avrebbe riposato per sempre.
“Addio
Seth. Addio amico mio. Non mi dimenticherò mai di te” lo salutò
un ultima volta il mattino seguente quando condusse via i bambini
riposati, verso il bosco, l'unico posto che conosceva in cui forse
avrebbero potuto essere al sicuro dagli Uomini-Serpe.
Stringendo
Renesmee con una mano e Jacob con l'altra osservava davanti a se
camminare Emmett e Rosalie per mano, preceduti da uno spavaldo
Jasper che faceva strada, mentre la piccola Alice, con i piedi ancora
doloranti, era arrampicata sulle sue spalle.
Erano una
buffa colonna, fatta solo di speranza, pensò Edward quando alzando
gli occhi verso le montagne vide stupito per un attimo brillare i
ghiacciai sulle loro punte.
“Allora il
sole esiste!” esclamò pieno di stupore .
Forse il
vecchio non aveva mentito a Mike. Forse sul serio dietro alle
montagne esisteva una valle verde e il sole caldo.
Forse quello
era un segno del destino, meditò, sorridendo ai bambini che ignari
di tutto camminavano a testa bassa per ripararsi dalla neve che aveva
ripreso a cadere più fitta su di loro...
Forse l'Eden
non era una favola come pensava e se lo avessero trovato...
* * *
E la realtà
divenne storia, la storia divenne leggenda, e la leggenda si tramandò
da generazione in generazione, finché molte centinaia di anni
dopo nella valle chiamata Eden un bambina, riparandosi gli occhi dal
sole, chiese a sua madre “Mamma mi racconti ancora una volta la
Leggenda del Grande Padre ?”
La donna gli
sorrise e annui mentre si chinava sulla verde pianura a raccogliere
un fiore bellissimo dai petali bianchi screziati di nero, che
portava il nome di Seth, e che era il simbolo della loro comunità.
E mentre
stringeva fra le dita quel lungo e forte stelo verde con la voce
dolce e impostata iniziò a raccontare “ Il vento turbinava
incessante e freddo portando con sé i fiocchi di neve candida che
sembravano danzare nell'aria come tante farfalle bianche...”
FINE
Nessun commento:
Posta un commento